Talib, o la curiosità
Un romanzo raffinato e prezioso, ricco di fantasia e cultura ma anche di ironia, che ricorda l’Umberto Eco di Baudolino e che discende tanto da Voltaire, da Calvino e dalle Mille e una notte, quanto dal bacino più “pop” degli immaginari fantastici anni ’80, da Dungeons & Dragons a Dune. Talib è un povero lucidatore di pomelli alla corte di Babilonia: il giovane, gentile e nobile d’animo, s’innamora della figlia del re, secondo il classico copione delle fiabe. Ma è stabilito che potrà sposarla solo chi le porterà in dono un diamante grande quanto la testa di un toro. Viaggiando alla ricerca della pietra, Talib si imbatte in una serie di personaggi che, come lui, stanno tentando le imprese più bizzarre: conosce Issachar, che sta andando a caccia dell’animale più grande dell’universo; Gaspard, un arpista che sta cercando tra i suoni della natura le note per comporre; si unisce a Miralem, un burocrate che sta tentando invano di far pagare le tasse a una tribù di selvaggi; aiuta Azad, un meccanico che ha perso il suo servitore golem; scopre che le nuvole più alte del cielo sono abitate; finisce per litigare con un gigante; ed è costretto ad andare fin sulla Luna per recuperare una fiaschetta d’ombra, lungo un viaggio dettato sì dall’amore ma sotto sotto sempre guidato dalla curiosità.
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