Petaloùdes. Le farfalle di Kea

Petaloùdes. Le farfalle di Kea

Non a tutti gli uomini è dato imbattersi nella visione della felicità più inebriante. Dopo questa sconvolgente esperienza, solo due scelte sono possibili: vivere per ripeterla; oppure rassegnarsi, da lì in avanti, ad una esistenza senza motivo. A Kea, essa si presenta sotto la forma di un prodigioso ed ipnotico turbine di farfalle multicolori; nella sua musicale lingua madre, petaloùdes. E quando, tormentato dallo struggente desiderio di immergersi di nuovo in quel caleidoscopio fremente di frenetiche ali in volo, egli mette in mare la sua barca per il viaggio più lungo e incerto che un uomo possa affrontare, coloro che continuano a buttare la rete nel mare domato delle isole, con la prospettiva di mangiare ogni sera la rassicurante cena di Koufinissa, non lo potranno mai capire. In questo serrato racconto, che strizza l'occhio a Saramago, a Hemingway e ad Antonio Machado, il lettore è libero di trovare il significato che preferisce, secondo la sua personale sensibilità: alcuni, forse, non vi scorgeranno nulla più dell'ennesimo, prevedibile e desolante naufragio che attende le illusioni giovanili con l'incedere inesorabile della vecchiaia; ma altri sapranno riconoscere l'ineffabile, straordinario valore che la vita di un uomo acquista quando è trascorsa ad inseguire il proprio miraggio.
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