Stile. Posta di donna e dente di cinghiale
"La marcia delle brigate internazionali riprese il suo motivetto. Ma l'arrestai immediatamente. Ottanta anni fa io non avrei marciato assieme a loro. Non avrei creduto in quegli ideali. Non mi sarei lasciato illudere né deludere, lo non sarei morto di torture in uno stadio cileno, né sgozzato a Managua. Non sono una mamma di Plaza de Mayo, né tantomeno un chierichetto di Pretoria. Non sono il figlio disperato di una delle tante vittime delle bombe nelle stazioni e nelle piazze italiane, e non sono il compagno d'università di uno dei tanti ragazzi torturati, seviziati, uccisi e poi buttati nel Rio de la Plata o nell'Oceano Atlantico da un aereo a 10.000 metri d'altezza. lo non piango, né sventolo bandiere iridate o immagini del papa. Ho ucciso al mattino e cenato con gusto la sera. lo sono gli angoli bui della strada. Il freddo filo dell'acciaio. lo ho subito un torto e ora lo restituisco. Il mio sangue era stato versato, altro sangue lo sarebbe stato." Chi pronuncia queste parole è Stile, la spia, l'assassino dormiente. Istruito da un vecchio ardito trasteverino all'uso delle lame. Affina la sua tecnica micidiale sugli antichi trattati dei maestri medievali. Uno su tutti: il Flos Duellatorum scritto nel 1409 dal Maestro Fiore dei Liberi. Stile è svelto, silenzioso, letale. Ora, prigioniero di sicari, racconta una storia. La sua. Intrighi, duelli, amori e vendette in una spy story che si sviluppa tra l'Italia, l'Europa e il Medio Oriente, fino all'epilogo.
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