Alla fine del tempo. Sulle tracce della dimenticanza. Ediz. bilingue
"Dove la strada discende per una lunga serpe di ciottoli, rotolata fra le umide conche terrose, l’Alpe − tagliata da un vento dell’ovest − sibila come nudi sonagli di pietre nude. Nudi persino gli orizzonti; incagliata verso il principio nascente d’un perduto luglio, carico di more, s’erge una pieve: diroccata come diroccato è il signore dei dirupi nel primo sole torrentizio dell’anno, che concede il suo subisso di rocce, incastonato in un viluppo di rami franti e sterpaglie; mistici e impennacchiati suoni frinenti di cicale oblique nei boschi, aride sabbie e polverose, segnano il respiro nei danzanti voli d’uccelli che uggiosamente canicolano nel crepuscolo delle forme terrestri; lontane, già spente nei lumi delle notti giacciono sgualcite, come coperte rotte, le città − tra spettri e grembi luccicanti di fanali. A quale senso giungiamo? Alle civette che guizzano come un demone - squittendo − e seguono il vorticoso sangue nelle vene."
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