Giò Urbinati
«Con una continuità che trasformava la vita in eccitazione creativa, mentre il quotidiano veniva intriso di energia e poesia. La sua è stata una simbiosi con la ceramica duratura e insuperata. Una storia professionale che si è rigenerata di continuo, facendosi sempre testimonianza del presente. Gio ha trovato nel corso del tempo e in autonomia la chiave per darsi le sue più intime ragioni nel processo plastico. Questo suo calarsi nell'avventura della materia con una complicità quasi genetica, palesemente erotica e dirompente, alla ricerca di una autenticità di forme e di pensieri, ha radici lontane, alimentata dal suo stesso raccontarsi, tra istintiva capacità ed ebbrezza nello scoprirsi abile con l'argilla. Nel suo grande laboratorio - spazio comunitario e al tempo esclusivo - Gio Urbinati solleticava, ironico e sornione, i suoi interlocutori, con racconti carichi di saperi. Amava spesso ricordare che il sodalizio tra la ceramica e l'arte sprofonda nella notte dei tempi. Si trattava – diceva - di un'amicizia remota, nata ancor prima del neolitico, e questa fusione antica di acqua, terra, fuoco, evoluta attraverso modalità sperimentali, accidentali, tecnologi che, apparteneva, secondo Gio, a ogni ceramista. Le bramava tutte, quelle modalità, e non c'era processo di cottura che non avesse avvicinato o studiato. Al di là delle retoriche sapienziali legate alla artigianalità del lavoro di ceramista, Gio è riuscito a vantare per oltre mezzo secolo una pratica di bottega che non ha mai cessato di coltivare, creando in questa nostra provincia, con allievi e appassionati, una sorta di avamposto culturale per il confronto e la sperimentazione.»
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