Il processo
«Non devi badare troppo alle interpretazioni» dice il cappellano del carcere a Josef K. in una scena tra le più celebri e commentate del Processo. «Il testo è immutabile e le interpretazioni spesso esprimono soltanto la disperazione al riguardo». Questa sorta di aforisma o di affermazione tranchant cala, appunto, come una lama di ghigliottina dopo pagine e pagine dedicate all’esegesi della «storia» che comincia con le parole «Davanti alla Legge»; e incombe con non minore perentorietà su chiunque si accinga a scrivere qualcosa di sensato a proposito di un’opera che, come tutte quelle di Kafka, unisce in sé i caratteri contraddittori dell’impenetrabilità e dell’assoluta evidenza. Kafka sembra alludere anche a sé, alla propria scrittura, quando altrove parla della roccia di Prometeo che rimane, salda e ineludibile nella sua inesplicabilità , oltre ogni «leggenda» volta a scalfirne il mistero. Forse questo spiega perché Kafka abbia, più che lettori, rilettori accaniti, conquistati dall’inesauribile lavorio interpretativo cui le sue pagine li costringono; e tradurre uno dei suoi testi in fondo non significa altro che portare alle estreme conseguenze quello stesso lavorio, già implicito nella «semplice» lettura. (Dallo scritto di Paola Capriolo)