La filosofia nel boudoir

La filosofia nel boudoir

Roland Barthes ha fatto notare che si viaggia molto in certe opere di Sade: assolutamente statica è invece la scena nella Filosofia nel boudoir, dove il viaggio è respinto nell'antefatto. Il luogo impenetrabile della solitudine libertina, che è in tutte le opere di Sade, l'ambiente segreto del delitto e della trasgressione, non è qui la Fortezza, la Cella, il Sotterraneo, il Convento, l'Isola Inaccessibile, ma, con maggior concessione ad una scenografia settecentesca, il «delizioso boudoir» di Madame de Saint-Ange trasformato in aula per le lezioni del precettore Dolmancé, maestro di lussuria e di crimine. Due sono le costanti negli scritti di Sade che fanno l'autentica, provocatoria e mostruosa «coerenza» della sua opera: il principio di rovesciamento e il carattere «letterale» del suo procedere. Come nelle storie parallele di Juliette e Justine, anche nella Filosofia ci viene incontro il mondo alla rovescia di Sade: capovolti i valori educativi (la fanciulla Eugénie viene avviata al vizio, alla prostituzione e al crimine e rinuncia solennemente alla virtù e alla pietà), capovolto il Bene in Male, il Dolore in Piacere, capovolta la direzione degli impulsi naturali che ci muovono non alla Vita ma alla Morte, capovolta la morale finale con la Virtù punita e la Malvagità trionfante. Ma il rovesciamento è talmente radicale da trascinare con sé anche i principi formali di Ragionevolezza e Buon Gusto, di Limite e Misura; nel mondo a testa in giù della sua opera, Sade «prende alla lettera» quello che dice: ecco allora il linguaggio smisurato, la lingua che non conosce gradazioni e sfumature, la ripetizione ossessiva, la scrittura insensibile di Sade. Mai come nei suoi testi la Parola è stata veramente e in ogni istante la Cosa.
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