Piazza della Loggia cinquant'anni dopo. Dall'azione eversiva all'ombra della Nato delle organizzazioni neofasciste all'attuale disegno di affossamento della Costituzione: il filo nero delle stragi in un paese a sovranità limitata
A mezzo secolo di distanza, il 28 maggio del 1974 resta una data centrale nella storia dell’Italia contemporanea. Perché quel giorno l’esplosione dell’ordigno nascosto in un cestino dei rifiuti ucciderà otto persone ferendone altre 102. Ma, allo stesso tempo, dichiarava aperta una terribile guerra ai danni della democrazia. Protagonisti di questo conflitto, insieme ai fascisti di Ordine Nuovo, responsabili materiali della Strage, pezzi importanti dello Stato italiano. Perché non fu certo un caso se, immediatamente dopo l’esplosione della bomba, programmata per colpire un grande corteo antifascista, tutte le tracce vennero fatte sparire grazie a un’attenta operazione di pulizia della scena del crimine. Né è stato un caso se la manovalanza ordinovista viene sorpresa in compagnia di uomini delle istituzioni, agenti dei servizi segreti e personale dell’intelligence statunitense. Sono gli ingredienti, questi, non soltanto della Strage di Brescia. Ma di un Paese, l’Italia, la cui sovranità sarebbe destinata a restare limitata, subordinata, cioè, agli interessi economici e ai desiderata strategici a stelle e strisce, pronti a manovrare l’eversione nera per imporre i propri diktat.