Pietro Maria Favia 1895-1972. Un architetto al Comune di Bari
Questa ricerca ripercorre la figura e l'opera di Pietro Maria Favia, architetto attivo a Bari tra gli anni Venti e gli anni Sessanta del Novecento, e lo colloca come attore di riferimento della storia dell'architettura e dell'urbanistica cittadina. Favia è stato, nel 1923, il secondo laureato della neonata Scuola Superiore Normale di Architettura di Roma, poi Facoltà di Architettura, prima in Italia, e nel 1929 con Cesare Corradini, Saverio Dioguardi ed Aldo Forcignanò crea il Sindacato Regionale Architetti ed avvia quel processo di separazione consensuale dal Sindacato degli Ingegneri che avrebbe portato nel dopoguerra alla costituzione dell'Ordine degli Architetti di Puglia. Favia, dal 1932 al 1962, come Architetto Capo della Sezione Edilizia e Piano Regolatore del Comune di Bari, guida e coordina, impegnandosi in prima persona, tutta quanta l'attività progettuale dell'Amministrazione comunale e come segretario della Commissione Edilizia e della Commissione Speciale per il Centro Storico incanala le scelte stilistiche di un'intera generazione di progettisti, ingegneri ed architetti, su di un cauto novecentismo non estraneo alla tradizione costruttiva pugliese. Nel ripercorrere l'opera professionale dell'Architetto Capo della Sezione Edilizia e Piano Regolatore del Comune di Bari, questo saggio illustra concorsi e progetti urbanistici, a partire dalla costruzione e dall'arredo urbano dei due lungomare fino al quartiere popolare di San Girolamo ed ai primi interventi dell'Istituto Autonomo Case Popolari a Iapigia ed al Cep, come anche le numerose opere pubbliche realizzate nella sua lunga stagione progettuale. Tra le opere più conosciute ricordiamo a Bari la Casa del Mutilato e quella del Portuale, le scuole Filippo Corridoni, Vincenzo Diomede Fresa, Emanuele Filiberto duca d'Aosta, Amedeo d'Aosta, Pino Pascali, e poi il padiglione della Cassa per il Mezzogiorno alla Fiera del Levante e gli edifici e gli accessi alle Grotte di Castellana. Racconta anche dei tanti progetti irrealizzati che avrebbero potuto incidere, oltre ogni valutazione di merito, sull'immagine della città. L'aver voluto riprodurre in coda al testo tutte le tavole de L'antico volto di Bari non vuole essere solo interesse documentario o memoria malinconica di scorci spesso irriconoscibili, ma anche il riconoscimento del valore insostituibile del disegno come linguaggio principe dell'architetto che ha caratterizzato l'opera di tutta la vita e che questo volume documenta ampiamente. Favia non ha la costanza assidua del taccuino, occasionali sono gli strumenti ed i supporti grafici, non omogeneo il livello della rappresentazione, ma alcuni dei suoi disegni hanno importanza documentaria quando rappresentano ambienti urbani da tempo scomparsi, altri colgono l'attimo di una visione sfuggente, immortalano uno stato d'animo, spesso disegnati e ridisegnati - velina su velina - ed arricchiti sempre di nuovi particolari, con la costanza di un metodo che ritroviamo nell'elaborazione dei suoi progetti di architettura.
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