L'«Onegin» di Giovanni Giudici. Un'analisi metrico-variantistica

L'«Onegin» di Giovanni Giudici. Un'analisi metrico-variantistica

L'inclusione ideale dell'"Eugenio Onieghin" di Aleksandr S. Puskin in versi italiani nell'opera in versi di Giovanni Giudici è per noi, e da tempo, un dato di fatto (solo ragioni esterne hanno fatto sì che "I versi della vita", il "Meridiano" che raccoglie i suoi "Collected Poems", non contenga l'"impresa di parole" alla quale il nostro poeta si dedicò per almeno un trentennio). In ciò, in fondo, al di là delle diversità di gusto dei lettori, sta la differenza tra il "nostro" (intendo generazionalmente) "Eugenio Onieghin" e l'"Evgenij Onegin" tradotto da Ettore Lo Gatto: l'appartenenza indiscussa del primo alla letteratura nella nostra lingua, il suo corrispondere a una "volontà di dire2 (giusta la formula dantesca) autorale che è di natura sorgivamente poetica. Il libro di Sara Cerneaz ci mette ora, nei confronti dei suoi primi lettori (rispondano anche ai nomi di Folena e Contini), nella condizione incomparabilmente privilegiata di chi può assistere alle visitazioni, nell'officina del poema, di colei che Giudici chiamava "La Dama non cercata": quella "che ebbe un tempo nome di Ispirazione". Comincia così, felicemente, una nuova fase nella vita dell'Eugenio Onieghin dentro la letteratura.
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