Il villaggio
Un capolavoro di aspro realismo, espresso in uno stile misurato, limpido e classico. «La nebbia del crepuscolo nascondeva i campi senza limiti, tutta quell’immensa solitudine, con le sue nevi, i suoi boschi, i suoi borghi, le sue città, regno della carestia e della morte...» Il villaggio, scritto dal premio Nobel per la letteratura Ivan Bunin, è un ritratto potente della vita rurale nella Russia meridionale ambientato all’epoca della rivoluzione del 1905. Attraverso le vicende dei fratelli Tikhon e Kuzma, figli di un bottegaio e discendenti da una famiglia di servi della gleba, Bunin mette in scena la vita di un villaggio, che è poi la vita di tutta la Russia perché «la Russia, tutta la Russia, non è che un villaggio». E ne emerge un quadro dipinto nelle tinte opache della neve sporca, dei colori spenti dei campi bagnati da una pioggia incessante e delle abitazioni miserabili degli abitanti del paese. Tikhon, arraffone e grezzo, è riuscito ad arricchirsi con il commercio, ma soffre per la mancanza di un figlio; Kuzma invece, apparentemente dotato di qualche talento letterario, vive in miseria dandosi al bere, finché non viene chiamato dal fratello come sorvegliante di una sua tenuta. Né l’uno né l’altro sono felici e nessuno dei due è meglio dell’umanità che li circonda: mercanti, funzionari, padroni, prostitute, vagabondi, monaci, pezzenti e soprattutto contadini, un’umanità dolente, crudele e attaccabrighe, religiosa solo per paura del castigo divino. Un popolo immutabile in quello che sembra un eterno presente, apparentemente impermeabile all’inizio dei movimenti rivoluzionari che, nell’immensità della campagna russa, risuonano solo come tuoni lontani. Scritto in una prosa asciutta e precisa, Il villaggio è un romanzo lucido e implacabile che ha suscitato alla sua pubblicazione un certo scandalo in patria e diviso la critica, ma che si è affermato universalmente come uno dei capolavori della letteratura russa, definito da Gide «l’opera più potente della letteratura russa del Ventesimo secolo».