Volver di Pedro Almodovar
"Volver" riveste un ruolo chiave per la maturità di Pedro Almodóvar, enfant terrible del cinema spagnolo fattosi maestro celebrato. La pellicola, trascorso qualche anno dal successo di Tutto su mia madre, segna infatti un inedito punto di equilibrio per il regista, unendo argomenti e stilemi del passato (la famiglia, le donne, la solidarietà femminile, la Spagna profonda) a spunti rivelatisi via via più urgenti. Incisivo è il sottotesto politico del film: nel momento in cui nella nazione si spendevano parole infuocate sulla legge per la memoria storica, promossa dal neoeletto governo Zapatero, le vicende di Raimunda (una strepitosa Penélope Cruz, candidata all’Oscar) e di sua figlia Paula, quelle della madre Irene, della sorella Sole e della vicina Agustina, si trovarono a raccontare, in figura, la transizione del Paese dalla dittatura franchista alla democrazia, fra crimini inconfessati, rimozioni consapevoli e presenze fantasmatiche. Un’ulteriore conferma del valore critico dell’opera di Almodóvar, ben lontano dall’essere soltanto lo spensierato cantore di un’effimera movida, innocente e trasgressiva a un tempo.
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