Al passo delle cicogne bianche

Al passo delle cicogne bianche

Due storie, una recente, l'altra antica di secoli, ruotano intorno a un'icona. A Creta, nell'anno 816, nei giorni di sosta delle cicogne bianche provenienti dal Sud, il monaco iconografo Pelaghios è costretto a lasciare l'isola per sfuggire alle persecuzioni iconoclaste. Salva e porta con sé, protetta sotto le volute di una fascia stretta intorno alla vita, l'ultima icona. Dopo quasi due mesi, attraversata la Grecia e raggiunta Brindisi, termina la sua fuga all'abazia di Orsara di Puglia fondata dai confratelli basiliani un centinaio di anni prima. Con la morte di zia Konstantina nella città di Jànina, in Grecia, nel 1976, un'icona appartenente alla sua famiglia, trasmessa di generazione in generazione dalla madre alla figlia primogenita, finisce in eredità a Zafiris, primo maschio a possederla. Con l'icona, c'è una lettera composta in una lingua sconosciuta nella quale spiccano due frasi misteriose in italiano, distinte dal resto dell'incomprensibile testo. Le stesse frasi sono incise sul retro dell'icona. Il tentativo di decifrare le scritte induce Zafiris, grazie anche all'amico domenicano frate Egidio, sempre intento a consultare testi, codici e carte, a un lungo viaggio tra Bologna e Milano, Parigi e Buenos Aires, finché la sua vicenda va a intersecarsi con quella antica di secoli. Alla fine, grazie a un incontro oltreoceano e a un inaspettato colpo di fortuna, scoprirà il significato dello scritto enigmatico e riuscirà a risolvere il mistero dell'icona.
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