La reliquia di Costantinopoli

La reliquia di Costantinopoli

1565, Venezia. Il sole non lambisce ancora il camposanto di San Zaccaria, quando il vecchio Giovanni si cala nella tomba del chierico Gregorio Eparco, il suo antico tutore, appena riesumata dai pissegamorti in cambio di tre ducati. Non vuole trafugare la bara di legno marcio o le ossa ricoperte di lanugine e muffa. Sta cercando un libercolo. Un diario "avvolto in una pezza di tela cerata, sigillata da un nastro nero", che lui stesso, cinquant'anni prima, ha nascosto sotto la nuca del maestro, dopo aver giurato di non sfogliarlo né di farne parola con nessuno. Il giuramento, però, ora può essere infranto, poiché le annotazioni contenute in quell'involucro sono l'unico indizio in grado di condurre ad alcune preziosissime reliquie cristiane andate perdute. Il diario si apre nel 1452, quando Gregorio giunge ad Adrianopoli insieme con il suo socio d'affari, l'ebreo-veneziano Malachia Bassan. La città, strappata a Venezia dagli Ottomani un secolo prima, offre uno spettacolo raccapricciante agli occhi dei due giovani mercanti. Gregorio ha un'idea: recuperare tutti " i frammenti di Paradiso" disseminati nelle chiese, nei sotterranei e dentro il Grande Palazzo imperiale di Costantinopoli, per salvare in tal modo la Cristianità. Un'idea allettante anche per Malachia Bassan, nella cui mente si affaccia il pensiero che, male che vada, quelle reliquie così preziose possono pur sempre essere vendute. Così tra imboscate, fughe ed enigmi, i due giovani mercanti si accingono all'impresa...
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