L'altra riva del Bosforo
Un anno infausto il 1918 per Selim Bey e per l'intera Stamboul. Le navi da guerra degli Alleati hanno gettato l'ancora nel Bosforo, e la città freme di sdegno per quell'intrusione. Inglesi, francesi, italiani, persino greci. Un'invasione d'infedeli, l'umiliazione più grande. Certo, gli ottomani hanno perso la guerra e firmato l'armistizio con gli inglesi il 30 ottobre. Il triste spettacolo dei profughi ospitati nei cortili delle moschee - intere famiglie scacciate dal progressivo disfarsi di un Impero in decadenza - è, tuttavia, una ferita ancora aperta nel cuore di Selim e di sua moglie Leyla. A questo si aggiunga la scomparsa, e il ritorno a casa in circostanze ancora peggiori, di Ahmet, il loro piccolo di sette anni. Desideroso di andare a contemplare le corazzate nel porto, Ahmet ha superato il muro di cinta che protegge la loro proprietà e si è immerso nel dedalo della vecchia Stamboul. Dopo lunghe ore di angosciosa attesa, è riapparso in compagnia di un francese, Louis Gardelle, un ufficiale snello, asciutto, con i capelli neri ingrigiti sulle tempie e, alle mani, il tremito tipico dei combattenti con l'anima ammaccata dalle ostilità. Messo in tempo di guerra, Gardelle ha annunciato la buona e la cattiva novella. La buona: la ricomparsa di Ahmet, raccolto dal suo autista davanti al paraurti della sua macchina. La cattiva: la requisizione da parte dei francesi della casa in cui Selim e Leyla hanno vissuto da sempre...
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