In fuga
Quando lo scafista ebbe il segnale, abbassò la leva che dava gas al motore, sicché, dopo aver fatto una virata sulla destra che venne aiutata dalla spinta di alcune persone che erano in acqua, poterono prendere il largo. L'uomo alla guida, ora, era taciturno, concentrato sul mare scuro, difficile da decifrare, che lui però pareva conoscere come le sue tasche. La partenza era stata agevolata dagli uomini armati che controllavano quella parte di territorio. Sull'acqua bisognava scansare altre insidie: quelle della navigazione, anzitutto, bordeggiando secche e scogli; ma anche i controlli ufficiali, se così si potevano chiamare. Motovedette della guardia costiera di uno dei due governi che spadroneggiavano in Libia e dalle quali ci si poteva aspettare di tutto. Che ti chiedessero soldi per ottenere un altro lasciapassare, oppure che ti bombardassero per colarti a picco. Erano diretti a Lampedusa. Tra l'isola e le coste della Libia ci sono più di centocinquanta miglia marine. "A quanto andavano?" si chiese Azub. La barca era schiacciata da tutta quella umanità sofferente. Se anche le pene e gli strazi che si portavano dietro avessero avuto un loro peso sarebbe già affondata da un pezzo...
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