1961. L'anno in cui vinse il fantasma di Coppi

1961. L'anno in cui vinse il fantasma di Coppi

Alla partenza del Giro d'Italia del 1961 Arnaldo Pambianco, romagnolo di collina, venticinque anni, è un bel corridore, ma non un campione. Per questo nessuno s'aspetta che, tre settimane dopo, possa arrivare primo in maglia rosa a Milano. A Bertinoro non se l'aspetta Fabiola, la morosa, e neppure il padre che nella sua bottega di macellaio quasi si taglia una mano da quanto è nervoso mentre ascolta alla radio le tappe del Giro. Non se l'aspettano i grandi avversari: Anquetil, Gaul e Rik Van Looy. Non se l'aspettano Idrio Bui e Waldemaro Bartolozzi, Pierino Baffi e Nino Assirelli, i compagni di maglia pronti a correre con lui e per lui; e forse neppure il commendator Giovanni Borghi, il re degli elettrodomestici, che ha voluto Pambianco capitano della squadra gemella dell'Ignis, la Fides. E invece succede proprio quello che nessuno si aspetta. In "1961" a raccontarci di quei memorabili otto giorni di inizio giugno, è lui, Arnaldo Pambianco, detto Gabanein, già garzone di macelleria, con la sua voce in presa diretta e con quella dei suoi compagni gregari. Un coro partecipato e commovente, un ritratto collettivo di un ciclismo schietto e popolare ancora orfano del grande Fausto Coppi e ancora alla ricerca di una sua taumaturgica epifania tra i tornanti innevati dello Stelvio, come solo la penna di Marco Ballestracci, grande cantastorie di fatiche e di beffe a pedali, poteva raccontare.
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