L'uomo non è buono. Per la critica del progresso
La modernità capitalistica si è storicamente sviluppata intorno alla dialettica tra due tipi di concezioni politiche dell’uomo e del suo governo: l’una, di matrice illuminista, basata sull’idea di progresso, per cui l’uomo sarebbe necessariamente tendente al bene; l’altra, di derivazione conservatrice, concepisce l’uomo come essere bisognoso del sovrano per uscire dallo stato di natura e regolare le proprie pulsioni distruttive. Ripercorrendo le fondamenta e i principali autori di quella che viene definita «antropologia negativa», il libro formula un’importante ipotesi di ricerca teorico-politica: bisogna spezzare l’alternativa tra progresso e conservazione, tra fede nella bontà umana e inevitabilità dell’autodistruzione. I vari saggi cercano quindi di utilizzare anche il grande pensiero conservatore e reazionario piegandolo contro i propri fini, per trovare elementi importanti di critica alla modernità capitalistica, alla sua narrazione teleologica e universalistica. Con approcci differenti, hanno raccolto questa ambiziosa sfida importanti autori di differenti generazioni: Ubaldo Fadini, Dario Gentili, Miguel Mellino, Damiano Palano, Franco Piperno, Maria Russo, Marco Spagnuolo, Mario Tronti.