Il giardino dei melograni. Dieci e non nove
L'uomo è il labirinto di se stesso, il luogo multicursale in cui perdersi, alla ricerca di una compiuta definizione del suo percorso, della sua vita, con le sue trame e i suoi finali. La ricerca di un senso, di un Dio, di un senso di Dio è «un suono vuoto per la sapienza del nostro tempo; essa ha trasformato Dio in un fantasma infinito, lontano dalla nostra coscienza, e ha parimenti trasformato la conoscenza umana in un vano fantasma della finitezza, in schemi, in un riempimento del fenomeno». La Filosofia deve 'conoscere' Dio, non si accontenta di fedi o rivelazioni. E la sapienzialità religiosa è sì una 'rappresentazione' dello Spirito Assoluto, ma non è qualcosa che è estraneo all'uomo, qualcosa che bisogna introdurgli. «Sarebbe come voler introdurre lo spirito in un cane mostrandogli prodotti dello spirito, o facendogli mangiare qualcosa di arguto o masticare testi stampati, o, altrettanto inefficacemente, pretendere di dare la vita a un cieco parlandogli dei colori. Chi non ha allargato il proprio petto anche oltre le sollecitudini del finito e non ha guardato nel puro etere dell'anima, e non ne ha goduto, chi non ha avuto il sentimento lieto e calmo dell'eterno, sia pure anche solo offuscato sotto forma di nostalgia, costui non possiede la materia». La Filosofia non 'edifica', quello semmai è l'intento della predica, né si indirizza al cuore, né alla singolarità del soggetto in quanto tale. Quanto sta 'dietro' la Cabala e che la Cabala esprime è la Necessità, il destino, la Verità dello Spirito. Ma la Verità non si piega all'io, sia esso un rabbino o un iniziato, un laico o un ateo. È l'io che deve essere elevato a quell'altezza. A questo servono i Maestri a questo servono le Scuole.
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