Comunisti e sindacato. Dalle origini alle leggi eccezionali (1921-1926)
"[...] Comunisti e il sindacato dal 1921 al 1926, ossia in anni di sconfitta e di riflusso dell'ondata rivoluzionaria, e dunque di riorganizzazione anche in forme nuove del movimento di classe; anni segnati da quella "ritirata in buon ordine" [...], la quale consentì di salvare non poco di un grande patrimonio di organizzazione e di lotte, lanciando al tempo stesso nuovi semi che sarebbero germogliati nel 1943-45. Gambini sottolinea che quella della classe operaia fu una sconfitta maturata sul piano economico e sociale prima ancora che su quello politico, ciò a cui seguì la distruzione dei suoi strumenti organizzativi, fino ad avvicinarsi col fascismo al "sogno borghese di una società rigorosamente programmata e inquadrata per la produzione, senza lotta di classe"; quello che, per rifarci all'oggi, è il sogno di Marchionne e di altri campioni delle classi dirigenti. Quella che l'autore delinea è dunque la "storia della crisi del sindacato", e forse proprio il fatto di vivere anche oggi una fase di sconfitta e disgregazione del movimento dei lavoratori, di normalizzazione sociale e politica, ci fa sentire così vicine problematiche che pure risalgono a quasi un secolo fa. [...] I nessi con l'attualità appaiono molteplici: la ristrutturazione capitalistica, la disarticolazione della classe lavoratrice, l'attacco delle forze di destra, l'arrendevolezza se non la complicità di parte dello stesso fronte che dovrebbe tutelare i lavoratori, le divisioni..." (Dalla prefazione di Alexander Hobel)
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