Mulini ad acqua dell'Appennino modenese. I bacini di Panaro e Secchia

Mulini ad acqua dell'Appennino modenese. I bacini di Panaro e Secchia

"Il mulino è un castello di carte, meraviglioso, affascinante, ma pur sempre un castello di carte, instabile, improbabile. Già l'operazione iniziale, sul fiume o sul fosso, per deviare l'acqua: uno sbarramento di sassi, labile, effimero, che una piena improvvisa può spazzare via, e bisogna ricostruirlo. Poi il canale, che porta l'acqua al più grande invaso del bottaccio, non sempre è costruito in pietra, e scorre libero fra sponde erbose. Le parti meccaniche della turbina stanno in piedi sostenute da zeppe che sembrano sempre provvisorie e che pure sono lì dalla fondazione del mulino. Un castello di carte, dicevo, dove tutto balla e traballa, ma dove tutto è magico, affascinante, come il duro mestiere del mugnaio, artigiano che con gesti antichi apre la paratoia per dare acqua, controlla a tasto la grana della farina e stabilisce se alzare o abbassare (ma di poco, di quel tanto che basta) la distanza fra le due macine, chiude la saracinesca quando ha finito di macinare o sente che il bottaccio si è vuotato e deve attendere che si riempia di nuovo, e questo anche lungo la notte. Un artigiano che sposta sacchi, li pesa nella bascula, li vuota nella tramoggia, li riempie di farina macinata. Un mestiere antico che non c'è quasi più. A volte il mulino esiste solo in qualche spot pubblicitario" (Dalla prefazione di Francesco Guccini).
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