More uxorio
Nadja è una giovane promessa sposa, con un carico di aspettative - ora prosaiche, ora più liriche e sognanti - al passaggio dal fidanzamento al matrimonio. Nadja è presenza fisica ma anche frastagliarsi della coscienza, coacervo di idee, paura, certezze, un calco di quello che la sua amica, un io narrante non meno sfuggente, proietta di sé sulla soglia della maturità, come rito di passaggio (temuto, scartato, ma infine ineluso) verso la maturità: il matrimonio. Le due donne parlano sedute in cucina. Tutto un immaginario femminile che si radica nell'infanzia e s'alimenta delle bruciature del crescere viene dispiegato in una forma narrativa che ha gli scatti della poesia, la sua diversione linguistica e sintattica, il suo procedere analogico, talvolta ipnotico e straniante.