Diritto di memoria. Canto per mia madre e mio padre emigranti

Diritto di memoria. Canto per mia madre e mio padre emigranti

"Diranno che tu, ma non solo tu, tutti noi, siamo talmente ignoranti che non sappiamo nemmeno che il mare è cosa di pianura e non di montagna! Da che mondo è mondo la montagna è montagna, il mare è pianura!". Non è una colpa, non può essere una colpa cercare un futuro, una vita più umana, in altre terre. Può essere dolore, questo sì, dolore profondo e smisurato, senza possibilità di redenzione, se non con un ritorno a casa sperato e immaginato ogni giorno. Le voci che si alternano in questo romanzo, sono voci intrise di storia, di fughe, di corse verso paesi lontani. Sono memorie che il passare del tempo non ha cancellato. Perché il sangue porta segni come un abete porta gli anelli nel cuore del suo fusto, il sangue ha una memoria che nulla può scalfire. E gli emigranti, gli ultimi, quelli sporchi, nel secolo scorso eravamo noi, noi italiani. E allora le voci del libro si sforzano di unire quello che la vita ha spezzato. La Merica, o meglio le Meriche, e le montagne di Trento si inseguono, si rincorrono per tutto il romanzo, per trovare solo nelle ultime righe un senso a tutta una vita. Il senso racchiuso in un buona notte sussurrato appena.
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