La cucina e la cantina mia
La lettura di questo libro non richiede alcuna pazienza, è anzi un divertimento. Per descrivere la sua cantina e la sua cucina, questo Artusi trasteverino e moderno ricorre al piacevole mezzo di cui si servì l'Aretino: il dialogo. Imparerete a cucinare "li rigatoni co' la pajata", "la coda cor sellerò", "le ciriole in ummido" e "le cucuzzette ar pommidoro" ascoltando i colloqui di Vera e Prudenza, di Betta e Gaudenzio, di Pia e Angelina. Donne romane, e uomini "romani de Roma", che parlano il loro dialetto, e intramezzano le ricette che si scambiano tra loro con osservazioni e commenti scoppiettanti di sana arguzia popolana. E bene che il libro sia in romanesco, perché in Italia le tradizioni gastronomiche sono regionali e si devono difendere anche col linguaggio, per salvarle dal pericolo che cadano nel generico, nel press'a poco.
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