Assalto alla diligenza. Il bottino delle privatizzazioni all'italiana

Assalto alla diligenza. Il bottino delle privatizzazioni all'italiana

Primi anni Novanta: l'Italia cambia pelle. Si apre il periodo delle privatizzazioni, cioè della (s)vendita ai privati e della collocazione sul mercato delle imprese di proprietà dello Stato. Liquidato il sistema delle Partecipazioni Statali, smantellato il cosiddetto sistema misto italiano, vengono messe in vendita le imprese dell'Istituto per la Ricostruzione Industriale (IRI); l'Ente Partecipazioni e Finanziamento Industrie Manifatturiere (EFIM) e "pezzi" importanti dell'ENI. In questo colossale affare di smantellamento delle sue proprietà lo Stato ci ha veramente guadagnato? Perché tutto è avvenuto in tempi così rapidi, senza avere un quadro normativo adeguato e senza correre il rischio di creare monopoli privati al posto di quelli pubblici? Quale la vera ragione del grande interesse delle privatizzazioni per i vecchi e impoveriti poteri forti italiani? Quale il reale motivo della conversione alle privatizzazioni del mondo cattolico di sinistra e dell'erede del cadaverico partito comunista? Perché la magistratura diventa un vigilante etico in questo processo contorto e complicato? Tre sono i protagonisti di questo processo, tre soggetti collettivi in profonda crisi. Il primo gruppo è rappresentato dai cosiddetti "poteri forti", imprenditori privati, rampanti finanzieri e banchieri. Il secondo soggetto è il mondo comunista italiano che, dopo il crollo di Mosca, deve necessariamente rinnovarsi. Il terzo è la magistratura italiana.
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