Vincenzo Gioberti e le congregazioni romane. Il processo del 1849-1852. I giudizi, le procedure e la condanna nei documenti inediti dell'Indice e del Sant'Uffizio
Vincenzo Gioberti non parve turbato più di tanto dalla notizia, che gli venne recata nell'esilio parigino, della condanna delle sue opere da parte di una Congregazione di cardinali del Santo Uffizio e dell'Indice, insieme radunati. Ormai le vicende della sua vita lo avevano immunizzato da emozioni di quel genere. Anzi, la condanna dell'intera sua produzione gli appariva come una sorta di punizione per il fatto di essersi proposto come capo di un movimento di cattolici che intendevano conciliare la missione spirituale della Chiesa con le sorti della nazionalità italiana. Una condanna come quella che toccò a Gioberti, per tutte le sue opere, ha in sé parecchio di singolare. Largamente auspicata in alcuni ambienti, venne promulgata in sordina, e delle sue motivazioni nulla si seppe. Parve quasi che fosse stata pronunciata come un atto dovuto, su cui non si doveva ritornare. Il pensatore condannato quasi assecondò questa decisione: la morte, sopravvenuta dieci mesi dopo la sentenza, facilitò ogni cosa. Del processo e delle sue fasi nessuno più si occupò. Questo volume vuole quindi rompere questa "congiura del silenzio", approfittando dell'apertura degli archivi dell'Indice e del Santo Uffizio, voluta da papa Giovanni Paolo II, ed attuata dal suo successore, Benedetto XVI.
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