Vita e morte di un giovane impostore scritta da me, il suo migliore amico
D.D., napoletano, borghese, viziato, megalomane, inadatto alla felicità, e per tutto ciò inevitabilmente scrittore, muore di tumore a trentadue anni lasciando dietro di sé opere minori e documenti inaffidabili: cartoline infantili, pagine di diario, monologhi incisi su nastro, comunicazioni amorose, lettere ad avvocati o redazioni di giornali, recensioni impubblicabili di libri sul cancro. Un materiale sfuggente, difficile da interpretare: non per nulla D.D. è figlio dei Novanta, di quella bolla di storia che sta fra la caduta del Muro e l'11 settembre, del decennio in cui la parodia ha sostituito la tragedia, in cui è stato più facile indossare maschere che cercare il proprio destino. A ricostruire il senso di questa breve vita, di quest'opera incerta, di questa carriera promettente e fallita, s'ingegna il suo amico d'infanzia Massimiliano Scotti Scalfato, filologo zelante, frustrato, rancoroso, infondendo nelle pagine biografiche la propria smodata ambizione di rivincita. Sull'onda delle biografie immaginarie di Nabokov, Borges, Bolano, Wallace, ma con una voce inedita, sapiente, divertita, de Majo ci offre assieme una commedia (o una farsa?) sull'amicizia, un'indagine sulle possibilità infinite della letteratura, un'indimenticabile parabola sulla debolezza umana.
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