La traduzione
Soprannominato il "Jean Genet italiano" per le esperienze di vita comuni a quelle dell'autore francese, Silvano Ceccherini iniziò la sua carriera di scrittore in carcere, mentre scontava una lunga condanna. La traduzione, suo primo romanzo, fu pubblicato da Feltrinelli nel 1963, durante gli ultimi mesi di reclusione, ricevendo da subito l'attenzione e l'appoggio della critica italiana per la forza evocativa e l'originalità della sua scrittura. Grazie a Carlo Cassola, l'opera arrivò nelle mani di Giorgio Bassani, il quale scrisse: "Non abbiamo mai avuto molta fiducia nella letteratura dei non letterati, ma una volta tanto abbiamo avuto torto, torto marcio". Il titolo del romanzo allude al viaggio di trasferimento in treno, da un carcere a un altro, di un detenuto malato di cuore e di nostalgia. Nonostante la semplicità della trama, la potenza e la profondità descrittiva dell'autore ci aprono la porta su un mondo che le persone libere ignorano, attraverso un detenuto che osserva, assapora e pensa la realtà attraverso piccole cose: il paesaggio, una bella ragazza che corre, una famiglia in attesa sulla pensilina della stazione; e poi le conversazioni fatte di poche parole tra carcerati, il gesto gentile di una guardia, il gusto di un cibo che non sia il rancio della galera. Introduzione di Filippo Bologna.
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