American dream. Così Marchionne ha salvato la Chrysler e ucciso la Fiat
Missione compiuta. Marchionne l'infallibile è riuscito nell'impresa disperata di salvare la Fiat. A quale prezzo? La più grande industria italiana è destinata a diventare parte di una multinazionale che sarà quotata a New York, che avrà sede ad Amsterdam e che pagherà le tasse a Londra. Una fuga dall'Italia dopo anni in cui lo Stato, cioè i contribuenti, ha foraggiato l'azienda per miliardi di euro via rottamazioni, sussidi indiscriminati, fondi pubblici alla ricerca e allo sviluppo, cassa integrazione. Un polmone artificiale che ha dato ossigeno a un'industria in fin di vita, con la famiglia Agnelli che non ha messo un euro ma ha continuato a incassarne. Marco Cobianchi alza il sipario sui dieci anni dell'era Marchionne appena compiuti. Mette in fila i fatti: le promesse e le bugie, il carosello dei piani industriali (ben otto in nove anni, e mai realizzati), i bilanci e un debito considerato "spazzatura" dalle agenzie di rating, la trasformazione della Fiat in una finanziaria, i flop internazionali (Cina, Russia, India). I numeri non lasciano scampo: oggi Fiat perde 911 milioni di euro mentre Chrysler guadagna un miliardo e 854 milioni. Gli stabilimenti italiani divorano gli introiti di quelli d'oltreoceano e per questo sono a rischio chiusura nonostante tutti dicano che no, non è il caso di preoccuparsi. La casa di Marchionne a Detroit è l'ultimo atto di una lunga liaison internazionale. Il sogno americano è diventato realtà. Era proprio destino.
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