Volevamo essere giganti
Gli occhi grandi a contenere il mondo, intensi e coraggiosi: sono quelli di Lucy, bambina ribelle negli anni del terrorismo. Trasferita con mamma e zia dal paesino di Bitrano, in Puglia, a Roma, Lucy vive dentro un quadrato angusto fatto di una piccola abitazione e il contiguo bar di un circolo di tennis per ricchi che le due donne gestiscono. L'intrusione di una vita faticosa e povera nel privilegio borghese e fascista, scosso da attentati e manifestazioni, è per Lucy illuminante. A differenza dei grandi, convenzionali e parte di una generazione che accetta i compromessi della realtà, lei abbraccia la verità. Ed è scomoda per natura. Lo è anche da adulta, quando, insegnante a scuola, viene costretta a una terapia psicologica per contenere i suoi sbotti di indignazione con i genitori dei suoi alunni. È proprio dai colloqui, e dal suggerimento di scrivere della dottoressa Emiliano, che Lucia Testa ritrova la sua infanzia. Ne viene fuori una storia appassionata che abbraccia il microcosmo di una provincia immigrata e il macrocosmo degli anni di piombo, nei quali si poteva tacciare di terrorismo chiunque e la polizia aveva metodi corrotti e sbrigativi. Alla fine molte delle sue precoci battaglie saranno sconfitte ma, dall'insegnamento di quegli anni, Lucy uscirà con un'esperienza diversa e la passione ancora più radicata per le sue idee che si porterà dietro per sempre.
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