Schiavitù mediterranee. Corsari, rinnegati e santi di età moderna
La schiavitù in area Mediterranea ha una storia plurisecolare. Dalla società greca e romana, al medioevo cristiano, dalla repubblica di Venezia alle società arabe della penisola iberica la permanenza del fenomeno ha però dovuto fare i conti con caratterizzazioni diverse e differenze marcate circa la provenienza geografica, l'appartenenza etnica, la sex ratio, le condizioni della schiavitù, i modi dell'affrancamento, ecc. Nel periodo moderno il "Mare interno" è un teatro di conflitto politico pressoché endemico; in tale situazione le coste sono punteggiate da porti e piazzeforti, torri di avvistamento e bastioni a difesa delle città, anche le chiese si cingono di torri; le flotte degli stati rivieraschi sono vere e proprie città naviganti, la lotta politica assume i toni del linguaggio religioso: non di guerra si tratta, nella convinzione dell'epoca, ma di crociata, ad essa si contrappone la jihad, alla croce la mezzaluna, al soldato di Cristo l'infedele. Intere città prosperano sulla guerra da corsa: città cristiane come Malta, Livorno, Pisa, Genova, Palermo, città barbaresche come Tripoli, Algeri, Tunisi, Sale. Una delle peggiori conseguenze per le popolazioni civili del Mediterraneo della guerra aperta o latente tra il mondo cristiano e il mondo musulmano è la riduzione in schiavitù di migliaia di persone.
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