La (mono)politica (non) è il mio mestiere
Governare è far credere", sosteneva Machiavelli già nel XV secolo. Dopo oltre cinquecento anni, non possediamo alcun nuovo elemento per avallare una conclusione diversa. Anzi, è verosimile che proprio oggi si configuri un ulteriore degrado nel rapporto tra la gente e quanti, ai diversi livelli, l'amministrano. Colpa, certo, dell'alone d'intangibilità che da sempre circonfonde la "Casta" (non l'unica, invero). Ma anche il cittadino-elettore, troppo ignavo od irreggimentato a seconda che il suo orientamento politico volga a destra o sinistra, non è senza macchia. E pur dando atto che la platea di quanti minano la credibilità della politica - così come di norma declinata - è fin troppo vasta e composita, ben maggiori si delineano le responsabilità di chi, paludato nel manto dell'ideologia più sinistra - duplice accezione è solito osteggiare il progresso, anche della politica, in nome del progressismo. Un contesto "grave ma non serio", direbbe Flaiano, dal quale per ogni soggetto umano civile e pensoso non può esserci altra soluzione che rifuggire.
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