Schikaneder e il labirinto

Schikaneder e il labirinto

Wolfgang Amedeus Mozart, per gli amici Wolfi, e Emanuel Schikaneder, voce narrante e imbonitore, psono legati da una profonda amicizia. Ma quando le scene si aprono su questa vicenda Mozart è morto ormai da sette anni e il teatro Freihaus, che grazie al grande compositore aveva visto giorni di gloria, versa ora in grandi difficoltà. Schikaneder librettista e codirettore del teatro annega nei debiti. Per recuperare stabilità economica e per dimostrare a tutti - e forse ancor più a sé stesso - di poter far bene anche senza la sua "gallina dalle uova d'oro", decide di portare sulle scene "Il labirinto", opera destinata ad essere il seguito de "Il flauto magico", ultimo grande successo ospitato al Freihaus e che porta le firme, per l'appunto, di Mozart e dello stesso Shikaneder. Attraverso la voce irriverente del narratore, Benedetta Galli costruisce una cornice, o meglio una scenografia, a tratti grottesca che ammalia il lettore e lo trascina tra mostri di cartapesta e situazioni farsesche. L'autrice armonizza i movimenti della storia proprio come una sinfonia, riuscendo a tenere in equilibrio gli intrecci, la forma e i contenuti con un tono giocoso, da raffinato divertissement. "Shikaneder e il labirinto" con il suo incedere si fa bonariamente beffe del pubblico e degli artisti, dell'arte e del profitto, perché il narratore è consapevole di essere parte di un'elaborata farsa in cui la Storia procede prendendosi fin troppo sul serio, agendo in modo subdolo nel modificare tanto il gusto del pubblico quanto la voce degli artisti. Ogni cambiamento lascia un vuoto, una frattura e una promessa che sembra trovare la sua più lucida espressione nelle ultime parole di Shikaneder: ho ancora fiducia nelle storie, nonostante tutto.
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