Teatro di cenere
Nei cento microcomponimenti contenuti in Teatro di cenere troviamo come distillata tutta la potenza immaginifica della scrittura di Manuel Moyano. Pagina dopo pagina il lettore si trova avvinto in racconti di mondi favolosi, grotteschi e inquietanti narrati con una caustica ironia che non disdegna di farsi talvolta decisamente crudele. I temi che caratterizzano la tradizione della micronarrazione - riscritture di antichi miti, il rapporto con il mostruoso, l'eterno tema del doppio, paradossi religiosi e teologici, distopie apocalittiche, irruzioni dell'irreale nel quotidiano - trovano grazie alla programmatica ricerca dell'originalità da parte dell'autore una loro espressione raffinatissima. Moyano sembra costruire il proprio discorso come un attento antropologo: esplora scrupolosamente la monotonia del quotidiano riuscendo a catturare le dissonanze nei silenzi più noiosi, intercettando quella scintilla di insolito o surreale capace di capovolgere anche la routine più insipida. Invita il lettore a riappropriarsi del senso dello stupore che permette di guardare con occhi nuovi ciò che è familiare. La densità letteraria e narrativa dell'opera offre un gran numero di livelli interpretativi e tra tutti risulta evidente una propensione buffonesca ad irridere il potere. Ancora una volta l'autore invita il lettore a farsi suo complice e a giocare con il senso dell'assurdo per mettere in discussione la consuetudine e ripensare il rapporto con la realtà.