Manifesto dei poveri. Il commercio equo e solidale per non morire di capitalismo
Sandali ai piedi e borsa di lana a tracolla, il missionario olandese Frans van der Hoff ha fondato nel 1989 il primo marchio equo e solidale, Max Havelaar. Nel suo Manifesto dei poveri, un testo conciso, appassionato e profetico, spiega che un altro mondo è davvero possibile e lui l'ha sperimentato e continua a viverlo tra i contadini coltivatori di caffè dello stato messicano di Oaxaca. L'idea è semplice e insieme rivoluzionaria: il lavoro umano ha una sua dignità e un suo prezzo. Se la logica delle multinazionali sfrutta la fatica dei produttori, bisogna metterli in contatto diretto con i consumatori, aggirando così l'idolo e il Moloch delle leggi del mercato. Con il commercio equo e solidale - spiega - si smonta la sacralità del mercato, oggi intoccabile e indiscutibile. E quando si rimette l'economia al suo posto, che non è il primo, che spetta invece alla vita delle donne e degli uomini, al loro lavoro, alla loro dignità, il mondo diventa davvero migliore. Per la nostra generazione, e soprattutto per le generazioni che verranno. "Il capitalismo non esiste che da duecento anni e noi abbiamo potuto constatare, in modo definitivo, che le contraddizioni che gli sono proprie portano in se stesse i germi del suo superamento: il commercio equo e solidale è uno di questi".
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