Stalin e la sinistra: parlarne senza paura
Se oggi si chiedesse a un cittadino italiano, anche di sinistra, anche se discretamente informato, se le vittime di Stalin siano state tre o trenta milioni, quasi certamente direbbe trenta. Il dato è illuminante di quanto la storiografia liberaldemocratica ma anche l'antistalinismo di sinistra abbiano influenzato l'immaginario collettivo, tramandando il mito di un dittatore sanguinario e paranoico. Sia chiaro che anche solo un milione di vittime di una strategia politica errata e disastrosa sarebbero sufficienti a darne un giudizio negativo. È oggi cruciale, a maggior ragione in questa fase di afasia della sinistra, valutare la portata esatta di quel fenomeno che fu lo stalinismo per trarne le necessarie conclusioni in sede politologica e storica. È lo scopo che si prefigge questo pamphlet di Giorgio Galli dalla duplice natura: quella storiografica, volta a dirimere l'annosa querelle sulle "cifre", e quella politica, in cui si offrono spunti di riflessione per far superare il senso di vergogna e di colpa che paralizza i leader della sinistra. Nessun dubbio che quello stalinista sia stato un regime di stragi e persecuzioni di massa. Ma Stalin è responsabile di nove milioni di vittime nel contesto storico delle due guerre mondiali del Novecento, non scatenate dal comunismo, che hanno provocato settantacinque milioni di morti. Oggi la sinistra per rinvigorire questa democrazia non deve richiamarsi al liberalismo dell'Ottocento ma inventare quello del XXI secolo, più equo e democratico.