Resto è silenzio (Il)
Ma perché te la sei presa in casa? Nei giorni della guerra in Libano, Sara, interprete solitaria e introversa, sente per caso queste parole su un autobus e viene aggredita dai ricordi: di quando, nei mesi difficili dopo l'abbandono del marito, viveva con lei Musnida, una collega fuggita da Sarajevo. Ma perché te la sei presa in casa? le ripeteva continuamente sua sorella, allora. Anche Musnida, aveva una sorella. Come quella di Sara, era una sorella affascinante, molto più bella e più forte di lei. Un'eroina, uccisa mentre tentava di recuperare il corpo di uno dei fratelli, morti combattendo su fronti opposti. L'Antigone di Sarajevo, avevano scritto di lei i giornali, gonfi di retorica. Musnida, invece, era un soggetto imbarazzante: una sorella opaca, come la Ismene di Sofocle. Eppure anche Ismene ha una sua verità. Una voce antica, che si intrufola a tratti nei goffi tentativi di Sara di decifrare i misteri di Musnida, della sua famiglia, della sua terra; mentre la convivenza si prolunga, fra vicinanza e insofferenza, fra mute nausee e rumorosi congressi, fra l'imbarazzante invadenza della sorella di Sara e l'irritante ticchettio di un computer, dietro una porta chiusa. Nel faticoso dipanarsi di vita quotidiana e grovigli esistenziali irrisolti, fra le tre coppie di sorelle (quella di quaggiù, quella di laggiù, quella del Mito) rimbalzano come in un gioco di specchi gli interrogativi dell'oggi.
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