La morte viola
Apologhi zen, vicende fantastiche e grottesche, deliri onirici e rivelatori, storie di puro orrore prendono vita nell'Impero Austro-Ungarico sulla via della decadenza, tra fine '800 e inizio '900.1 racconti dello scrittore e occultista praghese Gustav Meyrink (1868-1932) prefigurano l'assedio e il crollo della fortezza Europa, minata di volta in volta da presenze inquietanti, americani in cerca d'oro, bramini portatori di millenarie sapienze, alchimisti, anatomisti folli, principi persiani crudeli e dottori dalle mostruose coltivazioni: forze nuove o antiche quanto il mondo, profonde quanto il nostro inconscio più nero, capaci di scardinare le sicurezze del vecchio continente. Meyrink, attuale oggi come allora, si diverte a mettere a nudo le tare di un positivismo ormai sterile, in un paradossale ribaltamento di prospettiva, dove medici, avvocati e burocrati, messi di fronte alla trama oscura dei simboli, si muovono come marionette kafkiane di un teatrino in disfacimento. Una strana contaminazione alchemica di gotico, satira, fantasy ed esoterismo, che è anche la messa a punto di uno stile e di un immaginario per il futuro autore del Golem, uno dei classici della letteratura mitteleuropea. Con una nota autobiografica dell'autore e un saggio critico di Gianfranco de Turris.