L' oblio
In questo libro la strana esperienza di perdita che vive il narratore ne riproduce un’altra precedente, la evoca e la ripete – perdita in quel caso di una persona invece che di una parola –, fino a quando tutti gli elementi sparsi della storia in trompe l’oeil non cominciano a ricomporsi e s’incanalano verso un ritorno. Non ci sono più parole per dire, ma solo per stare. «Philippe Forest intreccia due storie: l'uomo che sa di aver dimenticato un vocabolo (ma non ricorda quale) e l'uomo che si è ritirato su un'isola deserta. Due ossessioni intorno a un tema centrale per lo scrittore: la perdita» - la Lettura Un uomo si sveglia convinto di aver perso una parola nel sonno, incapace di ricordarsi quale. Progressivamente, un’ossessione s’impadronisce di lui: che una alla volta tutte le parole lo abbandoneranno e che, perdendo il linguaggio, la sua vita si svuoterà. Rifugiatosi su un’isola al largo del continente, l’uomo si ostina a cercare questa parola mancante. La cerca nel vento, la cerca nella solitudine, sonda le nuvole, ascolta i silenzi. La sua caccia alla parola perduta lo incita a lasciar passare i giorni, esponendosi incessantemente agli effetti della luce sull’oceano, riflessa anche dallo specchio della sua camera d’albergo. Presto, anche il quadro attaccato al muro, dipinto dal precedente e misterioso inquilino della stanza, sembra animarsi di vita propria, mutando in funzione dell’atmosfera, riempiendosi di nuovi tratti man mano che la mente del narratore si svuota di parole. Il protagonista decide allora, invano, di catturarne giorno dopo giorno le metamorfosi con una vecchia macchina fotografica. Sarà dall’oceano o dal quadro, o da entrambi, che infine emergerà una donna in carne e ossa per restituirgli la voglia di abbandonarsi al piacere e svelargli il senso dell’oblio?
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