Come le fate
Ci sono libri che catturano fin dall'incipit, e Come le fate è uno di questi. La lettura, vissuta all'insegna dello stupore e della compartecipazione, di una fusione dolorosa di pathos, fantasia e realismo, porta a una riflessione smarrita e incredula, per certi versi, ma sostanzialmente arricchita di un'acquisita consapevolezza del valore della propria identità ed interiorità. Sul letto di morte di Angelo, Valerio rievoca momenti del passato, scavando a fondo nella tormentata coscienza. Dopo aver vissuto la primissima infanzia in un orfanotrofio, è adottato da un'agiata famiglia borghese, della quale è parte Sepe, l'acquisito fratello ventiduenne. E con lui che Valerio stringe un patto di complicità e affetto. La sua educazione oscilla tra due modelli, quelli dell'austera madre adottiva e del venerato fratello. Ne deriva un'adolescenza priva di grandi conflitti a motivo del clima protettivo nel quale è fatto crescere. In casa aleggia il mistero di Lisa, la secondogenita di cui si tace l'esistenza. Sarà lei a segnare, per Valerio, la svolta drammatica che lo condurrà alla maturità. L'incontro con Angelo coincide con il trapasso dal limbo dell'innocenza smarrita all'espiazione di un purgatorio accettato come necessità, dal mondo magico delle favole nel quale le donne, tutte le donne, erano fate, alla surroga di un sesso straziante di cui le donne sono oggetti distanti. A dramma consumato, resta il gigantesco quesito al quale Valerio cerca di rispondere.
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