Al di qua del faro
Diviso in due parti, il racconto scorre tra le montagne lucane e il golfo di Napoli divenendo pagina dopo pagina una appassionata testimonianza della società provinciale e metropolitana agli albori dell'Unità d'Italia. La storia inizia nel 1858 in Lucania, descrivendo la giornata in cui il protagonista è costretto da antichi doveri di famiglia a partecipare a una battuta di caccia al cinghiale, da lui definita l'annuale schifezza. Nei giorni seguenti giunge una drammatica lettera con la quale una parente "chiede l'aiuto e il conforto di qualcuno che possa recarsi a Napoli con urgenza" e lui parte in tutta fretta. Il sipario della seconda parte si apre su Napoli, nel momento in cui "una carrozza di piazza si fermò al numero 3 di via Carceri San Felice proveniente dalla ferrovia". Nella capitale il protagonista scopre quanto lontana sia ancora la sua terra lucana dai fermenti rivoluzionari e, muovendosi fra caffé e salotti, si ritrova coinvolto e affascinato da chi difende il giglio borbonico e chi sogna il tricolore sabaudo, chi non vuole rinunziare ad antichi privilegi padronali e chi aspetta il declinare dell'arroganza della piccola nobiltà terriera, la fine della nobiltà parruccona e corrotta, l'avvento di nuove classi sociali e di più giustizia sociale.
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