Il bisogno di credere. Un punto di vista laico
Julia Kristeva, intellettuale, semiologa, psicoanalista, scrittrice, ha accettato una sfida alta: parlare al pubblico raccolto nella prima chiesa cattolica di Francia niente meno che della sofferenza. Parlarne da laica, quale si professa; ma anche con un'attenzione particolarmente sensibile a quel 'bisogno di credere' e a quell'elaborazione del dolore che rappresentano uno degli apporti più originali del cristianesimo alla nostra civiltà. Non solo infatti il dio cristiano è un dio singolare, caratterizzato dall'essere persona: è un dio che accetta e incorpora in sé la sofferenza, fino alla conseguenza della passione e della morte. A ben vedere, è questa una differenza profonda tra il cristianesimo e le altre religioni monoteiste. Ed è una differenza che non fonda, beninteso, alcuna superiorità, ma che definisce una peculiarità di cui l'intero Occidente è portatore. Di questa peculiarità sarebbe assurdo e pericoloso disfarsi. Essa merita piuttosto, in tempi così difficili, di essere ripresa e ripensata. In questo libro, che raccoglie assieme al testo della Conferenza di Notre-Dame un ampio saggio inedito scritto appositamente, Kristeva anticipa i termini delle sue nuove sfide intellettuali e pone, con esemplare e scomoda lucidità, questioni attualissime che ci riguardano tutti. "La mia lettura della passione di Cristo mi porta a sognare un sogno: che le aperture e le complicità necessarie contro la barbarie che si addensa attorno a noi possano essere tessute non solo, e forse non tanto, tra il cristianesimo e le altre religioni oggi tentate dall'integralismo, quanto piuttosto tra il cristianesimo e quella visione della complessità umana a cui io aderisco, che è scaturita dal cristianesimo e che ha l'ambizione di percorrere le vie rischiose della libertà".