All'ombra dei cipressi
Pienamente cosciente del graduale esaurirsi del tempo a lui rimasto, dopo che la sua carriera didattica si era conclusa nel 1906, il "verista toscano" Mario Pratesi (1842-1921) non si rassegnò comunque né all'età né all'infermità. Era uno scrittore, uno di quelli eccellenti, conosciuto e rispettato, e voleva continuare ad esserlo. Nel suo testamento olografo per la prima e unica volta rivelò la sua sorprendente intenzione di mandare alla stampa un ultimo lavoro intitolato "All'ombra dei cipressi". Il libro non fu mai pubblicato e chi era a conoscenza di questo testo lo considerava smarrito, introvabile fra le carte sparpagliate sulla scrivania dello scrittore scomparso. Il ritrovamento del manoscritto, per caso, fra i documenti pratesiani donati dagli eredi canadesi alle Special Collections di Victoria College (University of Toronto) ci offre l'occasione di una valutazione retrospettiva del volumetto pratesiano alla luce delle considerazioni sullo stile tardo proposte recentemente da critici letterari fra cui Theodor Adorno, Edward Said, Linda e Michael Hutcheon e altri. Questo studio presenta il manoscritto smarrito nella sua interezza, come Pratesi l'avrebbe voluto pubblicare, insieme a una riflessione critica sugli elementi che rivelano nelle ultime pagine pratesiane i capisaldi dello stile tardo.
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