Da lontano. Calvino, la semiologia, lo strutturalismo
Mentre sta scrivendo le Cosmicomiche, Calvino scopre la semiologia e lo strutturalismo. Le due discipline, al centro del dibattito culturale degli anni Sessanta e, di fatto, organiche alla svolta postmoderna, lo segneranno in profondo e lo spingeranno a mutare radicalmente rotta nella sua carriera di scrittore. D'ora in poi, i problemi al centro dei suoi libri saranno quelli posti dalla teoria: così, se le Cosmicomiche e Ti con zero si confrontano con la scienza dei segni, le Città invisibili collaudano un'etnografia immaginaria ispirata all'antropologia di Lévi-Strauss, il Castello dei destini incrociati indaga sulla natura del racconto a partire dalle indagini narratologiche, Se una notte d'inverno un viaggiatore riflette sul destino della scrittura dopo l'annuncio barthesiano della morte dell'autore, Palomar si dedica a una poetica della descrizione. Ciascuno di questi libri, in modi diversi, rifiuta il romanzo e il realismo, mentre il rapporto fra mondo scritto e mondo non scritto si fa sempre più difficile, obliquo, astratto. Che cosa rimane di questo sforzo di scrittura oggi, quando lo strutturalismo è tramontato e il postmodernismo è in via di esaurimento? L'etica della letteratura di Calvino può essere la nostra? E come leggere libri che, inevitabilmente, ci parlano da lontano?
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