Tutte le giostre che ho chiamato casa
Nadia ha ventitré anni, l’università sta per finire e tutte le cose da cui è scappata negli ultimi cinque anni, di città in città, tornano a galla tutte insieme, a chiederle un confronto. Il lutto per un’amica mai elaborato, una relazione a distanza che si trascina da anni, sullo sfondo la sensazione di essersi abituata a lasciarsi guidare dagli altri, rifiutando di scegliere per sé stessa fino a sentirsi opaca, annullata, assente. Durante un soggiorno di tre mesi a Parigi Nadia comincia a ripercorrere le tappe del suo scivolamento verso il disequilibrio: lo fa cercando in un diario la linearità che non trova altrove, ma soprattutto grazie all’incontro con la coinquilina Annette, da cui impara la bellezza del disordine, del vivere in bilico, in punta di piedi senza mai cadere.