La trappola e la nudità. Lo scrittore e il potere
Riproporre a molti anni di distanza dalla loro prima comparsa al giudizio del pubblico dei lettori, incontri di parole e di convinzioni riguardanti tempi remoti e irripetibili che hanno caratterizzato il lavoro letterario all'interno di un vivere quotidiano scandito da realtà dure e difficili, vuol dire non soltanto stabilire la necessaria, inevitabile continuità del pensiero, della riflessione critica, della confessione se si vuole, a scrittori fra i più grandi di tutto il mondo, su tre poli tematici che hanno congiunto indissolubilmente vita e letteratura, ma al contempo offrire una testimonianza sicura e inequivocabile sul rapporto fra scrittura e potere, sia stato, o sia, esso, politico, domestico, religioso. Ne scaturiscono spezzoni biografici che mai vanno scissi dal lavoro creativo, e in questa connessione risiede l'attualità di chi confessa un gesto, un'azione, una riflessione, nati tutti da una condizione di impotenza più o meno coatta, del dichiarare la propria natura di uomini, di creature pensanti. I tempi sono cambiati, è vero, in peggio noi crediamo, ma il nostro pensiero non conta più di tanto: è invece l'eternità tenace del giudizio, del verdetto, della condizione umana nei suoi più alti significati, a stabilire il legame fra passato e presente, poiché la prevaricazione dell'uomo sull'altro da sé configura un seme malefico e lacerante che non si rimargina. Solo la parola, baluardo insostituibile di difesa e di accusa, possiede in sé la forza, il vigore della protesta.
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