Questa lontananza così vicina
Tutto comincia con un'ultima lettera. La più sincera, la più urgente che una donna, D., abbia mai scritto. Poche righe, in cui tira le somme della vita: affetti, riconciliazioni mancate; il suo lavoro di insegnante. Un'esistenza fatta anche di viaggi, di fotografie in bianco e nero, di mari spiati al mattino, quando i colori non sono definitivi; un'esistenza poi taciuta, a scuola, quando bisognava ragionare per mezzi voti e programmi ministeriali; e, forse, difendersi. Dall'altro lato della cattedra, un ragazzo alle prese con le declinazioni latine e le inadeguatezze dell'adolescenza. "Of Paul", lo chiamava lei, scherzando sul nome; e, dopo avergli sondato l'insicurezza nelle parole già mature dei temi, lo congedava per l'estate con qualche consiglio di lettura. D. è morta di tumore un giovedì di giugno, a quarantaquattro anni. Of Paul, ormai sull'altra soglia dell'adolescenza - quella che si chiude senza il rumore che ci si aspettava - scopre di non averla mai compresa davvero quell'insegnante ironica e troppo severa. Il ragazzo ormai cresciuto torna nei luoghi di D., cerca le parole non dette nei diari lasciati a metà, e in quell'ultima lettera che disegna uno spazio abitato di ricordi, diventa la mappa di una geografia a cui fare ritorno con gli occhi del poi. Come in un tema di maturità fuori tempo massimo, Paolo Di Paolo ripercorre i fatti dell'adolescenza e li interroga. Cosa possiamo salvare di ciò che è stato? E degli altri, quando, per una ragione qualunque, li perdiamo?
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