La nostra ultima estate
Zaira ha i sensi all'erta: nessun dettaglio le sfugge; lei osserva e annota ogni cosa, raccoglie odori, sapori, tracce di esistenza. Tutti la vedono calma e coraggiosa, ma dentro Zaira si sente "naufraga in acque tempestose". Le sue radici sono africane: la sua storia comincia in Etiopia, con un padre di cui sa troppo poco - misterioso, quasi invisibile - e una madre che non si lascia mai scoraggiare. L'infanzia e l'adolescenza di Zaira sono invece italiane: la seconda vita è qui, e qui sono gli anni di scuola, le prime, faticose amicizie, i passi incerti in una terra di sorprese e di feroci diffidenze. "Se esistono gli extracomunitari, chi sono i comunitari?" si domanda Zaira. La risposta è muta; è nel conquistare giorno per giorno - con la tenacia ereditata da sua madre - niente più che lo spazio per parlare, lavorare, innamorarsi, esserci. Lo spazio che chiamiamo identità. Zaira racconta questo cammino accidentato all'amica Marcella: lo fa con la fiducia e lo slancio di un sodalizio femminile, molto più che semplice solidarietà. La malattia della madre, una gravidanza imprevista, l'ostilità di un uomo, le ferite del razzismo - nella vita di Zaira. E in quella di Marcella, in apparenza più quieta, i sogni di fuga, la nostalgia per Bari e per il mare, la fatica di tenere insieme una famiglia senza rinunciare a se stessa. Ancora una volta, l'identità.
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