Gabriel Garcia Marquez. Lo scrittore nel labirinto di ogni giorno

Gabriel Garcia Marquez. Lo scrittore nel labirinto di ogni giorno

Sono le cinque in punto di un pomeriggio del 1996 e siamo di fronte a una casa dalle mura ocra di Cartagena de Indias. E la casa di Gabriel Garcia Marquez, e Rodolfo Braceli, giornalista argentino, ha a disposizione due ore per intervistarlo, non un minuto di più. Perché a Marquez piace soprattutto farle le domande, come ricorda un lavamacchine che abita a un solo isolato di distanza, ma ciononostante ci permette, almeno per un po', di sbirciare la sua giornata, i suoi pensieri. E così scopriamo che il suo vero pasto è quello di mezzogiorno, e che ha paura degli aerei, sì, ma soprattutto degli aeroporti. Che ha quindici fratelli, o sedici, perché ce n'è uno che non è molto chiaro se lo sia veramente oppure no. Che è solito andare in libreria per comprare i suoi libri e il fumo è stato un particolare ostacolo alla sua scrittura. E che lascia sempre le finestre aperte e a casa entrano i rumori, entrano grida e voci e lui le prende, e infila tutto nella scrittura. Eccezionale guida nel labirinto della creatività e della vita, Marquez ci invita a non temere anche la vertigine e il tormento dello scrivere - il contatto, attraverso le parole, con la realtà anche più bruciante. Perché è lì - come testimoniano un grande critico che ha conosciuto Gabo, Walter Mauro, e una scrittrice che lo ama da sempre, Romana Petri - tutta la bellezza e la forza di un'opera destinata a durare.
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