Ultimo venne il porco
Il cane è il migliore amico dell'uomo, la scimmia è l'animale che gli assomiglia di più, ma il maiale è quello con cui ha il rapporto più profondo. Viscerale. E quanto impariamo leggendo Ultimo venne il porco, dove Matteo Lefèvre, in un itinerario avanti e indietro nel tempo, innerva le vicende umane su quelle suine. Un itinerario feroce, che percorre la storia trattandola con la leggerezza della fiaba, solo per scoprirvi più fitto l'orrore. Dalla remota e straziata scuola elementare di Beslan in Cecenia siamo trascinati verso il secolo XVI della persecuzione religiosa, e di nuovo proiettati - di riva in riva - innanzi alla mattanza quotidiana dei clandestini che risalgono le acque del sud, per sprofondare infine dentro un Medio Evo insieme ilare e cupo. Qui scende la notte, e il verso cede alla prosa, mentre i guerrieri tornati al castello, trionfano del loro essere rimasti in vita, e i maiali - che dell'uomo non sono nè amici nè simili pasturano nel campo di battaglia.
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